Onorevoli Colleghi! - La riforma degli ammortizzatori sociali attuata nel corso degli anni novanta ha introdotto l'istituto dei lavori socialmente utili quale strumento di politica passiva del lavoro.
Tale istituto ha sostenuto i fenomeni di recessione occupazionale connessi alla chiusura o alla trasformazione dei processi produttivi e di mercato, che tutt'oggi si registrano, nonché l'attivazione di un sistema che ha permesso a coloro che non avevano mai fatto ingresso nel mercato del lavoro di poter effettuare un'esperienza lavorativa senza vincoli giuridici di contratto, inquadrata nella logica di impiego in lavori e in attività di pubblica utilità o socialmente utili.
Nelle aree economicamente forti del Paese lo strumento dei lavori socialmente utili collegato all'applicazione degli ammortizzatori sociali, quali la cassa integrazione guadagni straordinaria e la mobilità con indennità, ha trovato un riscontro applicativo limitato nel tempo, che è sfociato o nell'allocazione lavorativa dei soggetti interessati o, laddove è stato possibile, nella collocazione in pensione dei lavoratori ai quali mancavano non più di cinque anni di contribuzione.
Nelle aree meno forti del Paese lo sfruttamento della politica passiva del lavoro è stato eccessivo e si è rivolto ad una platea cospicua di giovani disoccupati, che sono stati impiegati soprattutto in enti pubblici, per lunghi periodi, e che sono stati compensati con un sussidio equiparato all'indennità di disoccupazione.
Per effetto della normativa nazionale e delle norme che alcune regioni hanno inteso applicare nell'ambito della propria autonomia, i soggetti impegnati in attività socialmente utili, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 1o dicembre 1997, n. 468, sono stati immessi
a) la presentazione di un'istanza da parte del lavoratore interessato alla regolarizzazione all'ente o agli enti in cui ha prestato la propria opera;
b) l'obbligo dell'ente di quantificare l'ammontare dei contributi previdenziali sulla base della prestazione effettivamente resa dal lavoratore, in base a quanto previsto dal contratto collettivo nazionale del lavoro al tempo vigente per i lavoratori dipendenti;
c) che l'onere finanziario della regolarizzazione contributiva sia posto a carico del lavoratore per il 25 per cento, a carico dell'ente per un altro 25 per cento e a carico del Fondo per l'occupazione per il restante 50 per cento.